Siria chiede commissione inchiesta all’Onu dopo attacco armi chimiche
Ormai da due anni il nord del Libano è la porta di ingresso in Siria di jihadisti e armi inviati da tutto il mondo. Dopo diversi avvertimenti l’esercito siriano ha bombardato alcune postazioni jihadiste sul confine. Intanto la guerra si fa sempre più dura e drammatica in seguito all’uso di armi chimiche da parte dei ribelli jihadisti. Il 20 marzo il governo siriano ha chiesto alle Nazioni Unite di indagare sull’utilizzo di armi chimiche da parte dei ribelli nei pressi di Aleppo, nel nord del Paese. Lo ha annunciato l’ambasciatore siriano presso l’Onu, Bashar Jaafari: “Il governo siriano ha chiesto al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon di fornire l’aiuto per formare una missione tecnica, indipendente e neutrale che indaghi su degli attacchi compiuti da gruppi terroristi in Siria con delle armi chimiche contro dei civili”. Secondo Jaafari i ribelli hanno utilizzato le armi chimiche a Khan al Assal, nei pressi di Aleppo. L’ambasciatore ha ricordato che “Damasco aveva avvertito a dicembre scorso l’Onu della possibilità che dei gruppi terroristi facessero ricorso alle armi chimiche tentando poi di scaricare la colpa sul governo siriano”. Purtroppo l’Occidente, in un contesto sempre più drammatico e con una parte del territorio controllata dall’organizzazione Jabhat el Nosra (affiliata ad al Qaeda), crede ancora che l’opposizione all’estero sia in grado di fare la pace in Siria. Questa opposizione non avrà nemmeno il coraggio di mettere piede in territorio siriano. Inoltre negli ultimi tempi si sono verificate sempre più spaccature nella Coalizione Nazionale Siriana, il principale gruppo nel Consiglio Nazionale Siriano, l’autorità politica in esilio a Istanbul contro il presidente Bashar al Assad. Almeno 12 membri della Coalizione guidata da Ahmad Moaz al Khatib, inclusi il portavoce del gruppo Walid al Bunni e l’attivista Soheir Atassi, si sono ritirati dall’organizzazione a seguito di profonde divergenze sull’elezione del premier ad interim del futuro governo per i territori liberati, Ghassan Hitto. Altri membri, come il medico Kamal al Labwani, hanno invece semplicemente sospeso il loro appoggio alla Coalizione. ”La Coalizione é un corpo non eletto e in quanto tale non ha il diritto di scegliere un primo ministro con un voto a maggioranza”, ha dichiarato Labwani, medico e dissidente siriano uscito dalle prigioni del regime di Assad grazie alla mediazione delle Nazioni Unite. “I membri della coalizione non sono stati eletti per rappresentare i Siriani. Quindi di fatto Hitto rappresenta solo i 35 membri della Coalizione che l’hanno votato. Così questo governo sembra un regalo ad Assad”, ha concluso Labwani. Anche il portavoce del gruppo, Walid al Bunni, sottolinea “l’incongruenza della decisione di votare il premier a maggioranza anziché all’unanimità”, mentre Soheir Atassi ha dichiarato “di rifiutarsi, in quanto cittadina siriana, di seguire ciecamente la Coalizione”. Il conflitto non solo logora la Siria ma si dilaga con delle pieghe drammatiche. Il 2012 in Giordania è stato caratterizzato da una continua instabilità politica e da un peggioramento delle prospettive economiche, in un contesto di accresciute tensioni regionali dovute al conflitto in Siria. E’ il quadro tracciato dal rapporto annuale della Commissione Europea sulla Giordania, presentato dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, e dal commissario all’Allargamento e alla politica di vicinato, Stefan Fuele. Bruxelles ricorda inoltre che, riconoscendo il peso dei rifugiati in fuga dalla Siria, l’Unione Europea ha stanziato complessivamente 43 milioni di euro per aiutare la Giordania nel fornire assistenza umanitaria. Il re Abdullah II di Giordania teme seriamente che uno stato jihadista possa formarsi al confine fra il suo paese e la Siria, considerate le pressioni degli estremisti islamici che cercano di allargarsi in Giordania.
di Talal Khrais