Olio di palma e salute: fa bene o fa male? Quanto ne consumiamo?
Ma fa bene o fa male? Abbiamo visto quanto l’olio di palma sia diffuso e vantaggioso per l’industria alimentare, per versatilità e, soprattutto, costi. Rimane però da chiarire quale sia il suo valore nutrizionale e quali effetti abbia sulla nostra salute. Un tema complesso e ancora oggetto di ricerca, eppure alcune indicazioni sembrano rassicuranti. Come spesso accade, il punto critico è la quantità: un consumo occasionale non fa danni, mentre assumere ogni giorno, magari più volte al giorno, prodotti con olio di palma potrebbe rappresentare un rischio per la salute di cuore e arterie. Esattamente come mangiare troppo burro.
In realtà sulle conseguenze per la salute dell’olio di palma c’è una certa confusione. Da un lato, c’è chi tende a demonizzarlo per l’elevato contenuto di acidi grassi saturi (circa il 50% del totale), considerati poco salutari perché tendono a far alzare i livelli di colesterolo nel sangue. Dall’altro, c’è chi lo considera molto positivamente per l’elevato contenuto di precursori delle vitamine A ed E oltre alle sostanze antiossidanti. In questo caso, parte della confusione deriva dal fatto che non sempre è chiaro di quale olio di palma stiamo parlando: se del prodotto integrale o di quello raffinato.
Torniamo allora sulla componente grassa, costituita per il 50% da acidi grassi saturi (in particolare acido palmitico) e per il 50% da acidi grassi insaturi: soprattutto acido oleico (monoinsaturo), seguito da acido linoleico (polinsaturo). Ora, proprio l’alto tenore di grassi saturi rende il palma così interessante per l’industria, perché è ciò che gli conferisce una certa solidità a temperatura ambiente. Ma è anche quanto lo accomuna al burro, grasso solido per eccellenza, contenente anch’esso poco più del 50% di acidi grassi saturi. E in effetti, dal punto di vista nutrizionale il grasso di palma viene spesso paragonato al burro.
Il problema è che gli acidi grassi saturi sono ritenuti ampiamente coinvolti nel rischio cardiovascolare. In realtà, però, le cose sono un po’ più sfumate di così, soprattutto per quanto riguarda il palma. Tanto per cominciare, c’è un problema di letteratura scientifica: di studi clinici e nutrizionali sull’olio di palma ce ne sono tanti, ma danno spesso risultati controversi e contraddittori.
E ancora: alcuni studi hanno valutato l’effetto dell’olio di palma per intero, mentre altri l’hanno valutato come se fosse composto unicamente da acido palmitico. Inoltre, molte indagini considerano gli acidi grassi saturi come un gruppo omogeneo, ma non è esattamente così. Acidi grassi diversi hanno effetti differenti sulla nostra fisiologia e sulla salute e inoltre questi effetti dipendono anche dal modo in cui sono organizzati gli acidi grassi sulle molecole di grasso e dall’equilibrio generale tra grassi saturi e grassi insaturi nella dieta. Se questo equilibrio è adeguato, sembra che gli acidi grassi polinsaturi possano compensare l’effetto negativo di quelli saturi.
Questo vale in generale, non solo per i grassi del palma, tanto che sembra essere in corso una riabilitazione complessiva della categoria “grassi”: un tema al quale la rivista Time ha dedicato la copertina poche settimane fa. Per quanto riguarda il palma, vale la pena menzionare una revisione complessiva della letteratura scientifica sull’argomento pubblicata nel 2013 da due ricercatori dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Il quadro che emerge è quello di un olio non peggiore di altri oli vegetali rispetto all’impatto sulla salute.
La maggioranza degli studi presi in considerazione non sembra infatti suggerire un ruolo attivo dell’acido palmitico nell’insorgenza di malattie cardiovascolari, soprattutto se si prendono in considerazione persone con buoni livelli di colesterolo e un’assunzione adeguata di acidi grassi polinsaturi. La revisione, inoltre, sottolinea che non ci sono al momento prove scientifiche di un eventuale coinvolgimento degli acidi grassi del palma nell’insorgenza di cancro.
Il vero pericolo per la salute di cuore e arterie è costituito dagli acidi grassi cosiddetti trans, che si formano durante un processo industriale che serve a solidificare gli oli vegetali (idrogenazione). Poiché il palma è per natura in forma semisolida e può essere facilmente frazionato, separando la parte liquida da quella solida, non viene in genere sottoposto a questo processo.
Riassumendo: come il burro e gli altri oli vegetali, il palma è sicuramente meglio degli acidi grassi trans (e in effetti va detto che la maggior parte delle aziende alimentare ha eliminato il ricorso a grassi idrogenati). Allo stesso tempo, sembra non sia peggiore del burro. Tutto bene, allora? Via libera per il grasso di palma? Non proprio, e per varie ragioni. «Intanto perché c’è il rischio che contenga residui di sostanze tossiche usate per la coltivazione o nelle aree di coltivazione» sottolinea Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna. «Non dimentichiamo che l’olio di palma viene da zone in cui è ancora impiegato il DDT. In realtà i dosaggi effettuati finora in ambito internazionale non hanno riscontrato la presenza di queste sostanze in quantità superiori alle soglie consentite.
Valentina Murelli di Il Fatto Alimentare