Le nuove frontiere del beauty
D’ora in poi quello che non si mangia si spalma. Con il merito di sottrarlo alla discarica. Perché chi l’ha detto che il buono di frutta e verdura sta solo nella parte commestibile? Quelli che dal punto di vista alimentare sono considerati scarti e sottoprodotti della lavorazione contengono elementi preziosi per la cosmesi. Così si può ricavare una crema idratante dalle bucce di pomodoro avanzate dalla produzione della passata, per esempio, o un balsamo a base di uve rosse si può fare con le vinacce del Lambrusco. O ancora si può ottenere un antirughe con la frutta scartata dalla produzione di marmellate e fare un bagnoschiuma con la frutta rimasta invenduta o con la crusca, residuo di produzione della farina.
“Gli scarti e i sottoprodotti, che preferiamo chiamare co-prodotti, sono le parti più ricche di principi attivi. Perché la pianta non si sposta, non può procurarsi sostanze curative se non costruendosi un sistema immunitario proprio, con un insieme di molecole che formano lo strato con cui si protegge”. Ce lo spiega Ilaria Cavallo, ventisei anni, responsabile insieme alla trentaduenne Elena Ansaloni, di Frescosmesi, un’azienda avviata con un progetto di spin-off dell’università di Bologna.
Il procedimento per estrarre questi elementi è stato messo a punto nei laboratori del dipartimento di chimica dell’ateneo bolognese e si chiama bioliquefazione controllata. “Si tratta di un particolare tipo di estrazione enzimatica” continua Ilaria, “I principi attivi vengono estratti usando enzimi scelti di volta in volta in base alla sostanza vegetale a disposizione, e vengono poi diluiti in acqua, senza usare solventi alcolici o glicerici, oggi molto diffusi ma che poi vanno anche smaltiti correttamente. Una volta ottenuto il principio attivo, si studia tutta la formulazione cosmetica per fare creme con varie proprietà, prodotti per il corpo, detergenti e specialità per i capelli”.
Altra particolarità: questi principi attivi possono essere usati per prodotti che rispondano alla massima personalizzazione, formulati su richiesta per esigenze specifiche o con certe caratteristiche. “Possiamo fare cosmetici su misura un po’ come fanno i sarti con gli abiti”, aggiunge Ilaria. “Il cliente, che può essere un centro estetico, un centro benessere ma anche un singolo, può scegliere la consistenza di una crema o il suo profumo, può indicare le proprietà che deve avere, ad esempio se vuole un antirughe o un prodotto purificante, e le caratteristiche della pelle: una persona con una pelle molto delicata può decidere di farsi fare una crema formulata appositamente”.
Cosmetici legati al cibo, dunque, e come il cibo anche i prodotti per la cura del corpo possono avere una loro territorialità: “Così come vado in un certo posto e mangio i prodotti del territorio, allo stesso modo si può pensare a un cosmetico del territorio, ricavato dalle produzioni locali”. Chissà, magari presto troveremo in giro degustazioni per la pelle, oltre che per il palato.