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La Banca Mondiale congela il lusso in Cina

La Banca Mondiale congela il lusso in Cina

Redazione

chinese-sadIl rallentamento cinese potrebbe essere più di una fase passeggera per il lusso globale. La Banca Mondiale ha abbassato le previsioni di crescita per il 2013 e per il 2014 per la Cina e per la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo dell’Asia orientale, a causa del rallentamento della crescita del gigante asiatico e della debolezza dei prezzi delle materie prime, che hanno un effetto negativo su esportazioni e investimenti.

“L’Asia orientale cresce a un ritmo inferiore, mentre la Cina inizia a distaccarsi da un’economia orientata alle esportazioni e si concentra sulla domanda interna”, scrive la Banca Mondiale nel suo ultimo studio sulle prospettive economiche dell’area. ”La crescita in paesi come Indonesia, Malaysia e Thailandia sta inoltre rallentando alla luce dei minori investimenti, dei prezzi più bassi delle materie prime a livello globale e di una crescita delle esportazioni inferiore alle previsioni”, si legge ancora nel rapporto.

La Banca Mondiale prevede quindi che l’Asia orientale cresca del 7,1% quest’anno e del 7,2% nel 2014, rispetto alle previsioni di aprile di una crescita del 7,8% per l’anno in corso e del 7,6% per il 2014. Per quanto riguarda la Cina, l’istituto stima che l’economia si espanda del 7,5% nel 2013, meno del +8,3% previsto ad aprile. Per l’anno prossimo prevede invece una crescita del 7,7%, lo 0,3% in meno rispetto alla previsione precedente.

Le stime diffuse dalla Banca Mondiale confermano quello che i brand del lusso stanno sperimentando già da un po’. Ieri, in un’intervista al quotidiano finanziario francese Les Echos, il numero uno di Burberry Angela Ahrendts ha dichiarato: ”Dobbiamo entrare nell’ordine delle idee per cui la decelerazione potrebbe non rappresentare un accidente, ma una condizione normale”.

Il marchio britannico aveva suonato il campanello d’allarme sul rallentamento in Cina ormai più di un anno fa. Nel frattempo, Burberry ha iniziato a gestire direttamente la distribuzione in terra cinese e ha chiuso la metà degli store. Segnali importanti per un Paese la cui crescita sembrava poter durare in eterno. “Ci sono altre aree di interesse e di crescita nel mondo”, ha concluso Ahrendts, citando l’America Latina e l’Indonesia, quest’ultima addirittura additata dalla manager come “la nuova Cina”.
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