Bersagli innocenti della follia degli adulti. Profughi, emergenza da non dimenticare
SIRIA – Damasco 13/09/2013. Armi chimiche, Obama, Putin, intervento militare americano queste sono solo alcune delle parole più usate per descrivere la crisi siriana, dimenticando che la vera emergenza sono i 2 milioni di rifugiati (1 milione di bambini) che hanno lasciato il paese verso i paesi confinanti.
Un terzo della popolazione siriana ha abbandonato la propria casa. Attraversando il Libano si possono vedere alcuni accampamenti di fortuna e qui, secondo i dati dell’Unhcr, sono circa 800mila i rifugiati registrati ma il numero è ben più elevato perché molti sfuggono per paura, si nascondono ai margini delle città e nelle campagne, il governo ha lanciato un Sos: da ottobre 1/4 popolazione dei campi profughi non avrà più da mangiare. La cosa che stupisce e lancia dei forti segnali è il fatto che nonostante le condizioni economiche difficili del Paese, i siriani vengono accolti e in alcuni casi assistiti dalla popolazione locale. Questo non è però sufficiente mancano i beni di prima necessità, i servizi igienici, l’assistenza sanitari, i bambini non possono frequentare la scuola e vivono per strada. Al sud del paese si può apprezzare anche il supporto delle Forze Armate di Unifil alla popolazione locale che attraverso una serie di attività di Cooperazione Civile e Militare offrono assistenza medica (Medical Care), come peraltro stabilito dalla Risoluzione Onu 1701. Qualche giorno fa il contingente italiano a Shama ha ricevuto una donazione di medicinali per l’infanzia da parte della delegazione del Triveneto e, in particolare, dalla Rappresentanza di Gorizia e di Trieste del Sacro Ordine Militare di San Giorgio che andranno a supportare i centri sanitari spesso privi di medicinali, appunto a causa anche dell’emergenza profughi. Nonostante l’incremento delle misure di Force Protection le attività del contingente italiano, molto apprezzate dalla popolazione, proseguono senza sosta. Questa goccia, per quanto consistente, non è sufficiente i profughi non registrati sono sparsi per il paese, molti sono nei sobborghi di Beirut e vanno ad incrementare la già gravissima situazione dei numerosi campi palestinesi sparsi per il paese.
Ma i siriani hanno passato il confine anche verso l’Iraq dove sono stati allestiti dei campi che hanno da tempo superato la contenibilità stabilita, un po’ più al nord al campo di Domiz hanno trovato rifugio un certo numero di siriani di origine curda, anche questo ormai congestionato. In Turchia superano i 100mila i siriani ospitati nelle tendopoli vicino al confine, ma anche qui i numeri sono in continuo aggiornamento. La Giordania ospita oltre 500mila persone redistribuite dentro i campi, alcuni allestiti alla meglio; purtroppo l’inverno è alle porte e sarà difficile attrezzarsi contro il freddo, la lotta contro il tempo iniziata anche quest’anno. Tanti cercano accoglienza in Europa, in particolare in Svezia che ha dato asilo a oltre 5mila siriani già nel 2012 ed è stato il primo paese dell’Unione Europea ad annunciare che darà asilo a tutti i profughi siriani che ne faranno richiesta; inoltre a coloro che otterranno uno status permanente darà la possibilità di farsi raggiungere anche le loro famiglie.
I numeri dati sono approssimativi, ma sufficientemente corretti per avere una visione della dimensione della crisi; purtroppo ciò che questi non ci consentono di percepire è la tragedia reale che si sta consumando, lontani dalle loro lacrime, dal loro dolore, ma anche dalle fogne a cielo aperto e dall’assenza di tutto ciò che occorre per vivere. Le condizioni disumane rischiano di levare la dignità di un popolo fiero che aveva costruito nel proprio paese la vita e il futuro. Una guerra inutile sta distruggendo il loro sogno e oggi non sono altro che numeri appunto, con i quali la comunità internazionale dovrà prima o poi fare i conti. Impossibile non fare riferimento al tema dei profughi palestinesi che si riaffaccia prepotentemente, perché non se ne parla più, come se dar spazio a nuove notizie possa eliminare il problema, ma molti di questi nuovi rifugiati sono palestinesi che abitavano nei campi siriani, erano parte integrante della popolazione e del processo sociale; fuori da quel paese nessuno vuole riconoscere loro una posizione e un contesto di popolo con diritto di territorio. Eppure per parlare di pace in Medio Oriente non si può prescindere dalla questione palestinese; il tema deve essere affrontato in maniera seria costringendo i paesi interessati a definire i termini precisi di accordi e di rispettarli per il bene di un sistema che va oltre il proprio ed unico specifico interesse di quartiere. Dal 1948 i palestinesi vivono fuori dal loro ambito nazionale, senza cittadinanza e senza diritti, continuare a far finta di nulla non è la soluzione, anzi serve ad alimentare animosità e guerriglie interne che si espandono con estrema facilità prestando il fianco a terroristi che di volta in volta utilizzano la situazione per scatenare incendi che prima o poi si correrà il rischio di non essere in grado di spegnere.
Bisogna riaccendere i riflettori sulla questione ecco perché è sorta, proprio a seguito di varie visite in Libano, da parte di alcune giornaliste ai campi profughi palestinesi, l’iniziativa di monitorare e documentare costantemente la situazione e di raccogliere fondi per dare concreto aiuto senza ulteriori passaggi alle esigenze dell’immediato lavorando nello specifico per la costruzione di progetti di solidarietà e di pace. Si chiama Italy for refugee camps 2013 ed è attiva già da giugno di quest’anno; il primo progetto che sta portando a termine è la costruzione di un forno per il pane per il campo profughi di Ain el-Helwe a Sidone in Libano che permetterà a centinaia di persone di sfamare i propri bambini. Dopo aver presentato i progetti uno dei maggiori supporter è stato il presidente del gruppo finanziario con sede a Madrid e Lussemburgo Marco Russo, Phoenix Immo Luxembourg, Art & Finance Equity Solutions, International Banking Phoenix Immo Luxembourg International. Tra gli organizzatori oltre alle giornaliste è l’Associazione Assadakah Lombardia, che nel mese di agosto durante una visita della delegazione ha portato aiuti alimentari e farmaceutici nei campi libanesi. È necessaria la collaborazione di tutti per giungere al fine della pace, già consentire situazioni umanitarie più adeguate è un punto di partenza.
Chi volesse sostenere questa nuova azione può contattare Italy for refugee camps 2013 su: campiprofughilibano@gmail.com – cell.: +39 389.26.52.402 o vedere i reportage su https://www.facebook.com/ItalyForRefugeeCamps.
di Alessandra Mulas e Yulia Shesternikova