Allergie alimentari. I consigli degli esperti
Etichette alimentari e allergie: ecco un binomio, per molti non scontato, legato da un rapporto di causa-effetto; gli episodi di reazioni eccessive per il contatto o l’ingestione di alcuni ingredienti sono, infatti, aumentati negli ultimi anni.
Ben 17 milioni di cittadini europei soffrono di allergie alimentari, e poco più di 2 milioni sono gli italiani interessati. Non è poco: si tratta di quasi 4 cittadini su 100. Quale motivo si nasconde dietro la crescita di questi numeri?
Il miglioramento delle condizioni socio-sanitarie, l’indonna mal di panciagresso nella dieta di cibi appartenenti ad altre culture e di alimenti geneticamente modificati, il ridotto allattamento al seno offrono alcune risposte.
A peggiorare le cose, s’aggiunge un pericolo che spesso gli allergici non riescono a evitare: la carenza di informazioni sulle etichette dei prodotti. Si tratta di un pericolo reale, tanto più che molti potenziali allergeni sono utilizzati come additivi.
Nei giorni scorsi, si è riunita a discutere sul tema l’Accademia europea di allergologia e immunologia clinica (Eaaci) che ha lanciato una “Campagna sulle allergie alimentari ed anafilassi” per sensibilizzare l’opinione pubblica, invitare i legislatori e i politici a varare campagne informative sulle allergie alimentari, stimolare la nascita di etichette alimentari chiare e, infine, accrescere i finanziamenti e le risorse per le attività di ricerca nel settore.
«Le etichette dovrebbero indicare gli allergeni con un carattere tipografico diverso, per differenziarli chiaramente dagli altri ingredienti», spiega Cezmi Akdileggere etichettas, direttore dell’Istituto di ricerca allergie e asma di Davos, in Svizzera.
Il deficit di comunicazione permane nonostante la legge sia migliorata rispetto al passato: un tempo, un ingrediente che costituiva meno del 25% di un alimento non era indicato in etichetta; dal 2003, grazie a una direttiva europea (aggiornata in seguito anche nel 2007), possono essere omesse le tracce inferiori al 2%, escludendo però gli ingredienti riconosciuti come potenziali allergeni i quali devono sempre e comunque essere dichiarati.
Gli allergeni più pericolosi per i bambini sotto i 3 anni sono il latte (includendo sieroproteine e caseine) e le uova (includendo ovomucoide, ovoalbumina, ovotransferrina e lisozima). L’allergia alle proteine dell’uovo è inoltre riconosciuta come fattore scatenante allergie respiratorie nei piccoli e asma negli adulti.
Dopo i 3 anni, alla lista degli allergeni si aggiungono nocciole e arachidi, dopo i 4 anni i cereali (soprattutto grano, mais e avena), la frutta e la soia, presente sulle nostre tavole più di quanto non si creda (1).
A segnare il ritmo delle reazioni avverse agli alimenti sono soprattutto le abitudini a tavola: nei paesi scandinavi è il pesce (merluzzo in primis) a scatenare il maggior numero di allergie, negli Stati Uniti sono le arachidi (contenute nel peanut butter), nei Paesi mediterranei i crostacei e i molluschi. E poi, ancora, le lumache in Portogallo, il sedano nella Svizzera tedesca, la frutta fresca (mela, pesca e kiwi) e i vegetali (piselli, sedano, pomodoro, carota e patata) nell’Europa meridionale.
Ecco alcune indicazioni utili a chi soffre di allergie alimentari. Partiamo dagli ingredienti cui occorre prestare molta attenzione.
Per quanto concerne gli alimenti “interi”, gli allergici al latte devono fare attenzione alle sieroproteine lattoalbumina e lattoglobulina (componenti base di molti integratori) e ai caseinati, proteine essiccate del latte, ricche in amminoacidi essenziali, utilizzate come addensanti negli insaccati o nelle margarine.
Chi è ipersensibile alle uova deve evitare tutte le pietanze sulle cui etichette compaiano lisozima, ovoalbumina, polvere d’uovo e lecitina. Quest’ultima, che abbonda nel tuorlo, come pure nella soia, è un emulsionante utilizzato per preparazioni dolci: biscotti, merendine e gelati. Chi è allergico alla leguminosa deve evitare oli e noci di soia, tofu, brodo e farine vegetali. Attenzione anche alle spezie o alle salse etniche che potrebbero contenere soia.
Infine, un’ultima nota. Alcune etichette aggiungono alla lista degli ingredienti la dicitura “Può contenere tracce di…”. Ciò significa che il prodotto “potrebbe” contenere tracce di alcune sostanze tra cui noti allergeni, ma non è detto che sia così: l’incertezza regna sovrana. Inoltre il termine di “tracce” non allude ad alcuna quantità precisa. Ora poiché per gli allergici i livelli di contaminazione e di rischio variano con il dosaggio, in questi casi è impossibile valutare l’alimento. Nel dubbio è meglio evitare l’acquisto.
di Fabio Di Todaro Il Fatto Alimentare