Israele, obiettivo Cipro
La richiesta dovrebbe essere formalizzata il 16 febbraio prossimo, quando il premier israeliano Benjamin Netanyahu visiterà Cipro. Israele intende chiedere al governo di Nicosia, almeno stando a quanto riporta il giornale locale Sigma.live, che cita fonti del governo cipriota, l’utilizzo della base militare di Pafos per i cacciabombardieri con la Stella di David.
Le possibilità che i cronisti ciprioti ci abbiano visto bene sono tante, visto che si tratta della prima visita ufficiale di un premier israeliano a Cipro. L’isola del Mediterraneo, però, è divenuta all’improvviso, molto importante per Israele. La scoperta di ricchi giacimenti di idrocarburi rinvenuti al largo delle coste cipriote ha da tempo acceso gli appetiti di Israele, privo di risorse energetiche naturali, determinanti per la sua economia, a maggior ragione adesso che dopo la caduta di Mubarak i rapporti tra Tel Aviv e il Cairo sono nebulosi.
Il gasdotto che, attraverso il Sinai, riforniva Israele è fatto di continui assalti da parte di formazioni estremiste che chiedono al nuovo governo egiziano – che sarà controllato da Fratelli Musulmani e salafiti – di rivedere gli accordi di Camp David, firmati nel 1980, e le convenzioni per l’acquisto di gas egiziano, che il precedente regime garantiva a Israele a un prezzo conveniente.
Cipro, inoltre, offre a Israele un’altra opportunità appetitosa: le simulazioni di attacco all’Iran. Le esercitazioni degli ultimi mesi, da tempo, prevedono scambi con Nicosia e la Grecia. Il calcolo, in buona sostanza, permette ai caccia israeliani di simulare l’attacco aereo all’Iran e i tempi di ritorno in patria. Al sicuro? Difficile dirlo, perché l’Iran ha un sistema di difesa di tutto rispetto.
Non a caso, almeno a sentire le parole di Leon Panetta, segretario alla Difesa Usa, secondo il giornalista del Washington Post David Ignatius, l’attacco israeliano alla repubblica Islamica sarebbe fissato in primavera. Dopo le elezioni parlamentari in Iran, che potrebbero mettere in minoranza Ahmadinejad, riportando gli ayatollah più pragmatici al tavolo negoziale sul programma nucleare. In caso contrario, l’attacco avverrebbe in una condizione di sicurezza maggiore, contando sulle forze Usa che sarebbero in quel momento presenti in Israele per le esercitazioni congiunte rinviate mesi fa. Bisogna aspettare, ma Israele è abituato a muoversi per tempo.
Christian Elia