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Libano. Al Assir voleva colpire anche l’Unifil. L’Italia fa finta di niente

Libano. Al Assir voleva colpire anche l’Unifil. L’Italia fa finta di niente

Redazione

Solo un anno fa, all’incontro dei cosiddetti “amici della Siria” parteciparono 85 Paesi. Pochi giorni fa, all’incontro a Doha i Paesi presenti erano 11, e la maggioranza ha chiesto una soluzione politica, cioè l’adozione delle risoluzioni di Ginevra 1 e la possibilità di organizzare una Ginevra 2. Solo Arabia Saudita e Qatar si sono detti contrari, i Paesi che con i loro petrodollari distruggono la Siria.

1017052_412492995531318_470178853_nCommentando il passaggio di poteri in Qatar, il ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar Salehi, ha lanciato un appello al nuovo emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani, esortandolo a rivedere la politica del suo Paese sul conflitto in Siria e il suo sostegno ai ribelli, la cui maggioranza fa parte di Jabhat al Nusra, gruppo legato a Al Qaida. “Speriamo che faccia una seria revisione delle politiche del passato sulla questione siriana, in modo che possiamo stringerci la mano e affrontare la crisi della Siria”, ha detto in una conferenza stampa in tv a Teheran. È il terzo anno che la Siria, terra di convivenza interreligiosa, è sottoposta a una guerra mondiale che distrugge non solo gli esseri umani, ma storia, religioni e cultura. I jihadisti sono arrivati in Siria da ogni parte, anche dall’Europa, e uccidono, distruggono con il sostegno occidentale e i soldi del Qatar e dell’Arabia Saudita, Paesi tutt’ora coinvolti nel sostegno del fondamentalismo religioso che mira ad instaurare un califfato in Siria, distruggendo tutto ciò che è diverso dal loro pensiero oscuro. La crisi si sta palesemente estendendo al Paese dei Cedri. Pochi giorni fa sono accadute cose molto gravi in Libano che gran parte della stampa internazionale ha ignorato: un vero e proprio attentato alla convivenza della società multietnica e religiosa libanese. Lo stesso piano che è stato preparato per la Siria viene messo in pratica oggi in Libano e neo giorni scorsi l’obbiettivo colpito è stato l’esercito libanese, simbolo dell’unità nazionale, un esercito rimasto unito malgrado tutte le tempeste che hanno colpito il Paese, difensore della terra e del popolo. Almeno 25 soldati sono stati uccisi e circa 100 feriti, è questo il bilancio dell’attacco sferrato dai fondamentalisti capeggiati dallo sheik Ahmad Al Assir, anch’egli finanziato dal Qatar. Scontri violenti sono avvenuti dopo l’uccisione dei primi sei soldati colpiti a sangue freddo nella località di Abra, un sobborgo di Sidone. I seguaci dello sceicco salafita Ahmad Al Assir, un religioso sunnita ma isolato dai sunniti libanesi, durante gli scontri usavano i cittadini come scudi umani. La moschea di Bilal bin Rabah, invece di essere un luogo di preghiera era stato trasformato in un bunker con un grande arsenale bellico: razzi a medio e lungo raggio, materiale per produrre ordigni esplosivi e tante armi, il cui valore è stato stimato in circa 400 milioni di dollari. Tutt’ora l’esercito continua i rastrellamenti a Sidone dopo la fuga dello sheik.

I militari, con l’aiuto della popolazione hanno ripreso il controllo del quartier generale e pare che il religioso sia fuggito travestito da donna. L’intelligence militare ha aperto un’inchiesta sui combattimenti di Sidone e ha iniziato a interrogare 60 fondamentalisti arrestati, spiccando nello stesso tempo mandati d’arresto per altri 123 sostenitori di Al Assir. Pare che il predicatore sunnita stesse preparando attentati anche contro l’UNIFIL, dove sono impegnati circa 800 militari italiani. Il paradosso è che non è giunta alcuna reazione da parte delle autorità italiane a un fatto così grave. Stiamo parlando di Sidone, una località che costituisce un passaggio obbligatorio per i militari italiani impegnati nell’ambito della missione internazionale Onu nel sud del Libano. Un altro paradosso è che il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli, in visita a Beirut, pare non essersi accorto di nulla. Parlando ai giornalisti si è limitato a dichiarare che “il Libano rischia, assieme alla Giordania, di essere la prima vittima del conflitto siriano per il contagio che si sta creando”. Il Paese dei Cedri sta pagando un prezzo impressionante in termini di accoglienza ai rifugiati siriani e palestinesi. A tal proposito vorrei che i miei connazionali pensassero per un attimo quali sarebbero le condizioni in Italia se questa dovesse farsi carico per un anno di sei milioni di rifugiati, che in termini percentuali rappresenta la stessa quantità di rifugiati presenti in Libano.

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di Talal Khrais

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